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Si può configurare il reato di bancarotta fraudolenta anche se il bene distratto non è di proprietà del fallito

  • 31/10/2016

Il reato di bancarotta fraudolenta c.d. patrimoniale, previsto dall’art. 216 della Legge Fallimentare, punisce con la reclusione da tre a dieci anni, l’imprenditore, dichiarato fallito, che abbia distratto, in tutto o in parte, i suoi beni.

Sul punto, la giurisprudenza si era già espressa affermando che, nella nozione di beni appartenenti al fallito, non rientrano quei beni il cui possesso sia solo precario come nel caso in cui sia stato stipulato un contratto di locazione, deposito o comodato (Cass. n. 13556 del 27.2.2015).

Con la Sentenza n. 44350 del 20 ottobre 2016, la Corte di Cassazione ha chiarito però che, ai fini della configurabilità del reato in capo all’imprenditore successivamente fallito, al di là della sussistenza o meno di un valido rapporto negoziale quale presupposto dell’acquisizione della disponibilità del bene stesso, è sufficiente ravvisare un effettivo ingresso del bene nel patrimonio dell’imprenditore.

La Corte ha concluso che, nel caso sottoposto alla sua attenzione,  anche la mancata consegna al curatore dei beni noleggiati o in leasing, comporta il reato di bancarotta fraudolenta se i beni distratti si trovino nella concreta ed effettiva disponibilità dell’imprenditore, e se degli stessi vi sia stata appropriazione; a nulla rilevando la tipologia di contratto e la sussistenza o meno della sua validità.

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