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La videosorveglianza sul posto di lavoro è un’intrusione nella vita privata soggetta a limiti ben precisi

  • 04/12/2017

Nella Sentenza del 28 novembre 2017, la Corte europea dei diritti dell’uomo ha esaminato il caso di due professori universitari montenegrini, i quali lamentavano l’illegittimità del sistema di videosorveglianza attivato nelle aule nelle quali tenevano lezione.  

La Corte ha osservato che, in generale, la videosorveglianza di un lavoratore sul posto di lavoro deve essere considerata un’intrusione nella vita privata di quel soggetto. Un tale controllo, per essere legittimo, deve essere espressamente autorizzato dalla legge nazionale e deve altresì essere giustificato da una delle finalità contemplate dall’art. 8, comma 2, della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali.

La Corte ha dunque accolto il ricorso dei due professori, in quanto la legge nazionale ammetteva l’installazione di tali apparecchiature nelle aree di accesso a pubbliche istituzioni, quali le Università, ma non anche, senza idonea giustificazione, in luoghi interni alle stesse, quali le aule di lezione.

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