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La sharing economy al vaglio della Corte di Giustizia europea

  • 05/12/2016

Le aziende che basano il proprio business sul modello della sharing economy, non offrono beni e servizi propri, ma si limitano ad organizzare e gestire una piattaforma web con relativa community in cui sono sono le stesse persone, appartenenti a questa community, che offrono beni o servizi.
Queste nuove realtà aziendali, se da un lato incrementano le opportunità di business e creano nuova occupazione, dall’altro sono sprovviste di una adeguata legislazione, operando sia come attività di intermediazione digitale, sia come aziende di fornitura di servizi o beni.
Mentre si attende l’approvazione di una legge in materia (alla Camera del Deputati è stata presentata la proposta di legge n. 3564 e al Senato il disegno di legge n. 2268), delle prime indicazioni potrebbero giungere dalla Corte di Giustizia Europea chiamata a pronunciarsi, da un giudice catalano, su UberPop, dell’azienda Uber, servizio digitale nel settore dei trasporti che mette in collegamento diretto passeggeri e autisti.
La Corte di Lussemburgo, dopo l’udienza svolta il 29 novembre scorso, dovrà dare un primo inquadramento legale nel contesto della sharing economy, chiarendo se l'attività di intermediazione, svolta con fini di lucro e attraverso la gestione di mezzi informatici, sia da considerarsi un servizio digitale, oppure una vera e propria attività di servizi di trasporto.
La pronuncia della Corte di Giustizia europea sarà di fondamentale importanza per lo sviluppo di queste realtà aziendali che utilizzano un nuovo modello di business, tra cui possiamo ricordare, oltre alla sopracitata Uber, Airbnb, Blablacar, TripAdvisor.

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