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Il conferimento dell’incarico non si desume da comportamenti concludenti delle parti

  • 09/01/2017

Il contratto d’opera (disciplinato dagli artt. 2222 e ss. c.c.) è caratterizzato dalla prestazione di un’opera o di un servizio, in cambio di un corrispettivo, senza alcun vincolo di subordinazione.
Secondo l'orientamento prevalente della giurisprudenza, il committente di un’opera professionale, obbligato, in quanto tale, al pagamento del relativo compenso, non sarà sempre necessariamente individuato nel beneficiario della prestazione, ma tale incarico potrà provenire anche da un soggetto estraneo.
Si richiede, perciò, che il conferimento dell’incarico avvenga in una forma idonea a manifestare inequivocabilmente la volontà di avvalersi della prestazione da parte del committente (tra le tante Corte di Cassazione, Sez. II, sentenza n. 3652 del 24 febbraio 2016).
Sul punto la Corte di Cassazione, con la Sentenza n. 8 del 3 gennaio scorso, ha chiarito che il conferimento dell’incarico, per essere idoneo a manifestare inequivocabilmente la volontà delle parti, non possa scaturire  solamente dal comportamento concludente delle stesse. 
La Corte, in questa recente Sentenza, ha infatti stabilito che né la documentazione comprovante i rapporti intercorrenti tra le parti, né la mancata contestazione circa il conferimento dell’incarico da parte della convenuta costituiscano prova del conferimento dell’incarico.
E’ importante quindi che il professionista prima di prestare la propria opera, concluda un accordo di conferimento dell’incarico con il committente, per poter, in seguito, efficacemente chiedere il pagamento della propria prestazione.

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